B E N J A M I N
A partire dagli anni '30 Benjamin si avvicinò alla Scuola di Francoforte. Non entrò mai a farne parte ma collaborò con la "Rivista per la ricerca sociale" ed ebbe un'intensa amicizia con Adorno. Benjamin e Adorno condividono la critica all'organizzazione e alla società capitalista. Entrambi (in particolar modo Benjamin) rifiutano la ragione come fondamento assoluto. Secondo loro la filosofia ha compito di mettere in luce le contraddizioni celate sotto le ingannevoli apparenze della realtà.
Walter
Bendix Schöenflies Benjamin nacque a Berlino
nel 1892 in un'agiata famiglia ebraica e morì a Portbou in Spagna
nel 1940. Fu filosofo,
scrittore,
critico
letterario e traduttore tedesco,
un pensatore che si è occupato di epistemologia,
estetica,
sociologia,
misticismo
ebraico e materialismo storico.
Il
pensiero di Benjamin ha influenzato filosofi come
Adorno e Hannah Arendt.
Benjamin
privilegia la forma del saggio e riconosce come compito del critico
il prendere posizione e la negazione dell'ordine esistente. Secondo
Benjamin il linguaggio ha funzione espressiva e non strumentale:
attraverso di esso, l'uomo deve dare voce alle cose mute. Il suo
pensiero fu influenzato dalla filosofia romantica (alla quale dedicò
la sua tesi di laurea nel 1918 sul Concetto di critica d'arte
nel romanticismo tedesco), da Nietzsche e dalle avanguardie
artistico-letterarie.
A partire dagli anni '30 Benjamin si avvicinò alla Scuola di Francoforte. Non entrò mai a farne parte ma collaborò con la "Rivista per la ricerca sociale" ed ebbe un'intensa amicizia con Adorno. Benjamin e Adorno condividono la critica all'organizzazione e alla società capitalista. Entrambi (in particolar modo Benjamin) rifiutano la ragione come fondamento assoluto. Secondo loro la filosofia ha compito di mettere in luce le contraddizioni celate sotto le ingannevoli apparenze della realtà.
Benjamin
fu traduttore del poeta Baudelaire e distinse tra il concetto di:
- “esperienza”: viene subita direttamente dallo choc, senza mediazione: è quest'ultimo il caso di Baudelaire, il quale nella vita cittadina subisce incessantemente l'esperienza degli choc prodotti dalla metropoli moderna (urti della folla, le luci, le novità dei prodotti e delle situazioni).
- “esperienza vissuta”: permette di rielaborare razionalmente, attraverso la riflessione, gli "choc" della vita. In questo modo si impedisce che gli "choc" penetrano nel profondo e si difende la coscienza dal loro assalto.
Benjamin
contesta le concezioni ottimistiche del progresso, condivise anche
dal marxismo dei socialdemocratici tedeschi, secondo cui la storia è
un cammino lineare di sviluppo crescente. Inoltre per il filosofo
ogni rappresentazione del tempo e della storia in maniera lineare è
falso. Secondo Benjamin la storia non è un processo costantemente
progressivo nel tempo. La storia non è solo un “andare avanti”,
l'uomo deve essere spinto dalla visione del passato fatto di “rovine
su rovine” e così orrendo da esercitare in chi sa voltarsi a
guardarlo una spinta irresistibile verso un futuro diverso. Il
Novecento appare a Benjamin come un'epoca con grandi potenzialità
sia positive (le possenti spinte emancipatorie degli oppressi) sia
negative (i totalitarismi e il potere tecnologico).
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