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HOBBES

 H O B B E S 

Thomas Hobbes nasce nel 1588 a Malmesbury, in Inghilterra, nella famiglia di un pastore anglicano. Studiò ad Oxford e fu testimone della guerra civile tra il partito della Corona e quello antiassolutista del Parlamento e le sue posizioni furono favorevoli alla monarchia. I disordini del periodo incisero sul pensiero politico di Hobbes: solo un’alta concentrazione di potere impedisce rivolte e disordini. Fu precettore presso i Cavendish, per questo visitò più volte Italia e Francia, migliorando la sua preparazione filosofica e scientifica, e incontrando personalità come Cartesio e Galileo. La cultura di Hobbes fu quindi un'unione tra formazione classica, cultura scientifica e analisi delle filosofie contemporanee. Il progetto di Hobbes è una filosofia che si costituisca come scienza, modellata su matematica e fisica: ciò fu alla base dell’opera in tre parti Elementa philosophiae ("De corpore, De homine, De cive"). Morì nel 
castello dei Cavendish a Devonshire nel 1679.

La filosofia di Hobbes doveva avere basi solide come la scienza, ricorrendo ad esempio ad una convenzione utilizzata per stabilire il significato dei nomi che erano poi utilizzati nel corso del ragionamento filosofico. Secondo Hobbes la conoscenza si fondava sull’esperienza: gli unici oggetti conoscibili sono quelli generabili, vale a dire i corpi: di conseguenza, non possiamo pensare allo spirito o a Dio, perché sono incorporei. Sia oggetti che sensazioni sono movimenti, come il pensiero, in quanto sono stati prodotti dalla trasformazione delle immagini in idee, per mezzo dei sensi: il movimento spiega cosa sono i fenomeni naturali. La filosofia politica di Hobbes si fonda su due postulati:

  • Il desiderio naturale dell’uomo lo porta a voler godere da solo di quei beni che invece dovrebbero essere comuni. L’uomo quindi è egoista.
  • In ogni uomo c’è lo spirito di autoconservazione, di conseguenza cerca di evitare a tutti i costi la morte violenta.

E' per Hobbes l’egoismo, non la socievolezza, a caratterizzare l’operato dell'individuo, poiché l’agire umano si basa sull’istinto di conservazione, e l’etica è la ricerca di ciò che è utile per sé. Gli uomini sono perciò spinti a uscire dallo stato di natura per passare a quello civile, cioè a uno stato di pace: l'esigenza della pace è dunque dettato della ragione. Unico limite della sovranità è il diritto del singolo all'autoconservazione. Il singolo può disobbedire al sovrano solo se questi gli comanda di compiere atti contrari a tale suo diritto, se gli comanda, poniamo, di uccidersi o di ferirsi. Ma in questo caso è il sovrano che viene meno alla sua ragion d'essere, e cessa di essere sovrano. Allora lo stato civile cessa e si ricade nella libertà naturale. Lo stato è simile a un Leviatano, un mostro biblico ma il fondamento del suo potere è naturale, non di origine divina.

L E V I A T A N O

Nel 1651 pubblicò il suo scritto più celebre, il Leviatano, in cui troviamo la summa del pensiero di Hobbes. Il Leviatano è una creatura con la forma di un serpente marino, nota sia nella teologia che nella mitologia, è citato in diversi libri della Bibbia ebraica. Hobbes chiamò così lo Stato politico (Leviathan, 1651), a significare il carattere di un dio mortale che domina i comportamenti umani e decide per loro. Lo Stato politico è frutto del contratto sociale, con cui gli individui superano la continua guerra tra loro (propria dello Stato di natura) per avere pace e sicurezza: questo però presuppone che tutti rispettino le leggi. Perciò lo Stato deve dominare gli individui e non consentire comportamenti arbitrari. Il suo potere è totale, assoluto e irrevocabile e le leggi derivano la loro legittimità dalla volontà dello Stato. Ma questa concezione è diversa da quella dell’epoca, che difendeva l’assolutismo sovrano per diritto divino. Quindi per Hobbes il potere non è derivato dal sacro, ma è frutto di una libera rinuncia delle persone ai propri diritti naturali, eccetto il diritto all’esistenza, fatta sulla base di un calcolo razionale di convenienza. L’individuo per Hobbes non smette di reclamare il proprio diritto naturale a tutto ciò che desidera, cioè il proprio interesse, ma lo persegue accettando di disciplinare le proprie passioni e di limitarle in modo che siano compatibili con gli interessi degli altri. Questa è la grande differenza con il passato: gli antichi e i medievali volevano reprimere le passioni, ritenute negative, in nome di un comportamento guidato dalla ragione o dalla virtù. Ma tutto ciò è anche la base della nuova economia: sull’interesse si costruiscono la dignità del lavoro e l’etica del profitto, cioè i fattori che costruiscono lo sviluppo economico. Proprio questi elementi trovano legittimità nel Levitano di Hobbes, che è in armonia con lo sviluppo economico guidato dallo Stato.






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